Descrizione
Non resterà forse negli annali delle vendemmie più ricche ed entusiasmanti della storia borgognona. Ma dedicare quasi interamente un piccolo volume a una serie di assaggi sui vini del 2011 ha fondati motivi. In questo lavoro Samuel Cogliati passa in rassegna rapsodica 25 domaine borgognoni e 87 vini – principalmente dell’annata in oggetto, ma non solo – degustati con la consueta attenzione critica. Dalle più brillanti denominazioni regionali a una nutrita serie di Grand cru, dal Domaine Leflaive al Domaine de la Romanée-Conti, passando per aziende più abbordabili e facilmente reperibili, tra Côte de Nuits, Côte de Beaune e qualche incursione nel Mâconnais.
In questo volume:
Domaine Marquis d’Angerville
Domaine Barraud
Domaine Bonneau du Martray
La Chablisienne
Domaine Philippe Charlopin-Parizot
Château des Rontets
Domaine Bruno Clair
Clos de Tart
Domaine Bruno Colin
Domaine Confuron-Cotetidot
Domaine Henri Gouges
Domaine Michel Gros
Maison Louis Latour
Domaine Leflaive
Thibault Liger-Belair
Domaine Méo-Camuzet
Domaine de Montille
Domaine Marc Morey et fils
Domaine Marc Morey et fils – Verticale Chassagne-Montrachet 1er cru En Virondot
Philippe Pacalet
Philippe Pacalet – Orizzontale terroir di Gevrey-Chambertin 2009
Perrot-Minot
Domaine Poisot père et fils
Domaine de la Romanée-Conti
Domaine Jean Trapet père et fils
Verget
Domaine Comte Georges de Vogüé
Scheda tecnica
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Introduzione
Non resterà forse negli annali delle vendemmie più ricche ed entusiasmanti della storia borgognona. Ma dedicare quasi interamente un piccolo volume a una serie di assaggi sui vini del 2011 ha fondati motivi.
Innanzi tutto credo sia mediamente più opportuno pronunciarsi su un’annata con qualche mese di ritardo rispetto ai giudizi affrettati richiesti da questo mercato impaziente. Valutare adesso il 2013 ha sicuramente ragion d’essere e risponde a una legittima curiosità; tuttavia, da alcuni assaggi recenti sembra che in vari casi persino il 2012 non sia oggi in una condizione favorevole alla degustazione, per non parlare del consumo vero e proprio. Molti 2011 (e persino certi 2010!) stanno assumendo solo ora una fisionomia da considerare in qualche modo preludio di un’identità definitiva, come un adolescente che definisca finalmente le proporzioni costitutive della sua ossatura. A indurmi ad assaggiare solo ora i 2011 sono la mia lentezza e la mia cautela nel valutare il vino, che vivo ormai da tempo, oltre che da degustatore tecnico, con un approccio quanto più prossimo possibile al consumo reale. Si tratta dunque di una scelta di fondo. Ma ci sono anche altri motivi. Vari 2011 sono ancora reperibili con una certa facilità, e si può presumere che lo rimarranno per qualche tempo prima di eclissarsi dagli scaffali come i 2010 o i 2009 – entrambi molto ricercati. Infine, l’anomalia di quest’annata dall’andamento climatico imperscrutabile la rende paradossalmente un possibile modello (o quanto meno un monito) anche per il degustatore. Se la mancanza di punti di riferimento rispetto al passato sta diventando un fenomeno ricorrente con cui i produttori dovranno fare i conti (cfr. paragrafo seguente), anche i bevitori rischiano di essere chiamati a confrontarsi con una nuova e sconosciuta fisionomia gustativa delle loro bottiglie preferite. Il futuro a breve e medio termine riserva dunque la necessità di rimettersi in discussione sia per i vignaioli, sia per noi amanti del vino bevuto. Faremo bene a rivedere la “taratura” delle nostre aspettative, dei nostri metri di valutazione, della nostra memoria enoica. In questo, il 2011 potrebbe rivelarsi un millesimo paradigmatico della “schizofrenia” che la vitivinicoltura del XXI secolo sembra orientata a imporci.